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Coccole e carezze

Coccole e carezze

La conoscenza di come funziona un organo o un processo – mettiamo il cuore o i reni – mi aiuta a “utilizzarlo” meglio? A viverci meglio assieme? Almeno a controllarlo e a gestire al meglio la sua funzione?
Ecco quello che è accaduto al nostro apparato riproduttore – o genitali – nel corso dell’ultimo secolo.
Vi immaginate quello che l’uomo o la donna medi sapevano del nostro apparato riproduttore 100 anni fa e quello che invece sappiamo oggi? C’è un abisso!
Ma oggi siamo anche più in grado di “governare” il nostro apparato riproduttore controllando sia con i metodi anticoncezionali che con la giusta prevenzione le malattie sessualmente trasmesse.
Anche la sessualità ne ha giovato dalla conoscenza di come siamo fatti.

La conoscenza di come funzionano i nostri genitali

ci aiuta a gestire meglio la nostra sessualità. Oggi abbiamo di certo una vita sessuale più consapevole e più felice.
“Il conoscere mi consente di percepire con accresciuta attenzione”diceva Leslie Leonetti dal momento che mente e corpo sono uniti in un reticolo strettamente interconnesso. Eppure oggi il processo di familiarità sessuale non produce tanta felicità e consapevolezza come ci si potrebbe aspettare. Sembra che di fronte al processo di conoscenza la sessualità si fermi e non riesca ad acquisire quello che ci si aspetterebbe. Va qui ricordato che il discorso che si sta facendo è limitato alla corrispondenza tra conoscenza del corpo e percezione mentre le funzioni erotiche in generale dipendono dal grado di coinvolgimento emotivo della persona.
C’è, d’altra parte, chi è pronto ad asserire che la conoscenza degli organi sessuali e l’acquisizione della familiarità di essi renda l’amore meno romantico e noi stiamo introducendo una complessità che rende il sesso meno autentico. Non sono di questo avviso in quanto il lasciarsi andare agli stimoli sessuali viene certamente migliorato da una familiarità con i genitali in tutti i sensi.
Quando insegnavo scienze non trascuravo il capitolo sugli organi genitali maschili e femminili.

La trasformazione nell’atteggiamento dei ragazzi era quasi immediata. Mentre prima, all’oscuro di ogni idea di come siamo fatti da quel punto lì, si esprimevano solo con i termini dialettali ed il sesso era usato solo per denigrare o offendere, adesso questo ricorso era molto più limitato. In più, i ragazzi e le ragazze avrebbero conservato quella conoscenza per gestire al meglio (certamente meglio di prima) la loro sessualità. Anzi, su quella conoscenza ne avrebbero costruita altra. Parlare della conoscenza sessuale dal punto di vista anatomico (gli organi genitali) e fisiologico (il ciclo mestruale e la formazione del liquido seminale) permetteva di stemperare il pregiudizio e renderla più “pulita” rispetto alla nostra vita di tutti i giorni. Sarei curioso conoscere quanti dei miei ex alunni sono d’accordo con me.
L’influenza della lingua sul modo in cui noi concettualizziamo il mondo

è un dato acquisito dalla scienza psicologica cioè il modo in cui descriviamo le cose può influenzare il modo in cui quelle cose possono essere percepite, ricordate o pensate va sotto il nome di Relatività linguistica (Benjamin Whorf, 1956). Uno degli esperimenti più chiari in questo senso fu eseguito sui colori. La gente che ha più termini per denominare i colori ha anche più sensibilità a discriminarli. Così si è scoperto che il popolo esquimese ha decine di modi per denominare la neve nelle sue svariatissime forme. Essi hanno una capacità indiscutibilmente più alta di discriminare un ambiente polare rispetto ad una persona dei paesi temperati.
Non occorrerebbero più esempi per chiarire una volta per tutte che se noi parliamo molto di una cosa saremo più bravi non solo nel conoscere quella cosa ma anche a disporne in vario modo. La sessualità non dovrebbe fare eccezione. Se qualcuno non vuole che se ne parli vuol dire che i pregiudizi di quella persona limiteranno la capacità di altri ad essere più consapevoli e più felici. E questi faranno un cattivo servizio ai bambini e ai ragazzi se sono insegnanti oppure genitori.

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