Perchè la paura è più forte
La paura è l’emozione più forte tra tutte ed è facile comprendere perchè. Nella lotta per la sopravvivenza aiuta a scappare, ad evitare, prepara a combattere o a scappare. La paura è necessaria.
Nella sopravvivenza aiuta anche avere memoria delle esperienze di paura quando siamo scampati a un pericolo. Ci consente di evitare quella esperienza o tenersi alla larga da una esperienza traumatica.
La paura aiuta.
Una paura può però essere eccessiva e mettere in ginocchio o addirittura lasciare pietrificati, immobili davanti a un pericolo. Questa reazione può aiutare quando l’immobilizzazione viene confusa con la morte e far si che l’aggressore non noti la differenza. L’immobilità diventa automatica in condizioni estreme e davanti a un pericolo da cui si può difficilmente scampare, ad esempio il topo davanti al gatto quando viene messo alle strette e non ha via di scampo. Anche molti insetti ricorrono all’espediente dell’immobilizzazione per sfuggire all’aggressore. Anche l’ipnosi si pensa possa esistere per tale scopo di sopravvivenza.
Tutto questo per annunciare che è stato scoperto un nuovo circuito neurale del sistema cerebrale della paura da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di neuroscienze dell’Accademia nazionale delle scienze cinese a Shangai. Descritto su “Nature Neuroscience”.
“Il circuito è essenziale per recuperare i ricordi formati nel corso di precedenti esperienze negative. Saper imparare il legame fra certi stimoli ambientali e un successivo evento negativo è fondamentale per la sopravvivenza, ed è noto che una parte dell’amigdala, la cosiddetta amigdala laterale, ha un ruolo primario nella formazione della memoria di eventi minacciosi. L’amigdala, o più precisamente la parte detta amigdala laterale, forma queste memorie sulla base dei segnali inviati dalla corteccia sensoriale, che è preposta alla decifrazione di suoni, sapori, odori, forme e luoghi. Il circuito ora scoperto da Yang Yang e colleghi con una serie di esperimenti sui topi segue invece un percorso inverso: invia segnali dall’amigdala alla corteccia sensoriale.” L’aspetto rilevante della scoperta non è però l’esistenza di un simile circuito di feedback, ma il fatto che, se viene bloccato, non è più possibile recuperare la memoria di un evento minaccioso: lo stimolo che preannunciava un evento negativo non è più associato a quell’evento.
Ciò significa che, in mancanza del ricordo saremmo vittime di qualsiasi minaccia a cui siamo scampati nella vita. La cosa più sorprendente è che il sistema di memoria di esperienze paurose si sviluppa attraverso la formazione di nuovi minuscoli bottoni sinaptici e spine dendritiche, le strutture che permettono la comunicazione fra i neuroni.
Cosa significa tutto ciò per uno psicologo? Significa che le esperienze traumatiche che generano il disturbo fobico potrebbero un domani essere individuate in queste strutture ed essere soppresse, oltre che per via neurologica con metodiche adeguate e specifiche. Ciò è,ovviamente, ancora una ipotesi fantascientifica ma avere trovato il corrispettivo “organico” delle esperienze traumatiche ci da speranza che questa “microchirurgia” neuronale potrebbe un domani risolvere il problema.