fbpx

Non ci resta che piangere?

Non ci resta che piangere?

Domanda: “cosa avviene nella mente di una persona in crisi d’ansia?”

Risposta: né più né meno quello che succede nella scena di Non ci resta che piangere quando i protagonisti attraversano più volte la linea della dogana: “Chi siete? … Cosa portate? … Sì, ma quanti siete? … Un fiorino!”

 

Un pensiero ossessivo è un comportamento obbligato e ripetitivo

Le persone affette da DOC (Disturbo Ossessivo Compulsivo) vivono la difficoltà di sentirsi completamente soggiogate da un pensiero a cui non riescono a resistere. Questo pensiero diventa ossessivo in quanto impone loro dei comportamenti assurdi, stereotipati e ripetitivi. Sentono e si convincono anche che non c’è niente da fare per liberarsene. La tortura consiste nel fatto che induce un reale e sconvolgente timore di rimanere vittime di quel pensiero per sempre. Il pensiero diventa così invadente e pervicace che ottiene risultati ancora più sconvolgenti della situazione reale se dovesse verificarsi.

Con le persone affette da fobie, ossessioni o compulsioni basta vivere nella loro famiglia o avere stabilito una relazione con loro in quanto colleghi di lavoro o amici per rendersi conto di tutte le conseguenze possibili.

Tutti ne potrebbero soffrire in seguito a una situazione di forte stress

Ognuno ha esperienza di persone con questo tipo di disturbo anche se di diversa entità, intensità e grado di distorsione. A volte sono persone eccentriche con atteggiamenti paranoici e maniacali che si mostrano subito nella loro eccentricità. In altri casi appaiono perfettamente normali e nascondono bene il loro problema.

Il disturbo si esprime in tutti i ceti e i contesti e sembra non risparmiare nessuno. La democrazia con la quale si distribuisce nella popolazione generale non nasconde pregiudizi di sorta e appare in forme inusitate. Medici che hanno paura di medicine o di contagi, ingegneri e geometri che hanno paura delle altezze, addetti alla contabilità che hanno paura di sbagliare a fare i conti, contadini che non riescono a toccare il terriccio, meccanici che hanno il terrore a sporcarsi di olio minerale e non di quello vegetale, casalinghe che non riescono più a maneggiare sostanze detergenti, camionisti che non riescono più a entrare in autostrada. La compulsione più comune e familiare è quella di lavarsi le mani numerose volte fino a farsele sanguinare e quella di chiudere più e più volte le porte e le finestre nel dubbio di averle lasciate aperte anche se lo si è fatto qualche secondo prima.

Paura irrefrenabile
Oltre al DOC vi sono altre anomalie e distorsioni del pensiero e delle idee che riguardano una paura irrefrenabile o condizioni estreme di valutazione di eventi quali una catastrofe, una infezione, una tensione a farsi del male o a giudicare la propria incapacità o inaccessibilità a qualcosa. Oppure l’imprevedibilità e quindi l’apprensione per qualcosa che non è ancora accaduta ma che potrebbe facilmente accadere da un momento all’altro quando invece risulta per lo più abbastanza o fortemente improbabile. La condizione di ansia patologica o generalizzata sottopone troppo spesso le persone a uno stress inaudito. Anche le occasioni stressanti della vita che sono un fatto a cui nessuno può sfuggire in quanto inevitabili come la morte di congiunti o incidenti, procurano in persone predisposte crisi che si manifestano con distorsioni della percezione della realtà personale con distorsioni che sembrano inaffrontabili.

Conseguenze catastrofiche

La paura di non riuscire a controllare che tutto rispetti l’ordine previsto e le conseguenze catastrofiche che ciò potrebbe comportare, esaspera l’atteggiamento di controllo delle persone che soffrono di ansia e fobie e sfocia nella manipolazione. L’impellenza e la necessità percepita di controllare l’altro, tende a occupare la sua mente e l’esercizio di manipolazione a svuotarlo dei suoi connotati e negargli la personalità. Il danno può essere importante sui bambini che sottoposti alla loro influenza perdono la possibilità di crearsi una personalità e il diritto a crescere autonomi e liberi.

La manipolazione è solo la conseguenza della paura di non riuscire a controllare che tutto sia nell’ordine stabilito.

Rispettoso dei principi, le regole, i doveri, le opinioni, una logica e una visione del mondo che calcano le proprie e le riproducano.

  •     Coloro che sono affetti da disturbo d’ansia ritengono, a scanso di equivoci, che sia meglio non lasciare mano libera e iniziativa alla persona a cui si dedicano poiché quest’ultima potrebbe incorrere in errori importanti e pregiudizievoli. Si assumeranno dunque il compito di prevenire o correggere in tempo ogni errore vietandogli tutti i comportamenti frutto della sua scelta autonoma.
  • E’ soprattutto una questione di tempi: deve fare prima.
    Qualsiasi comportamento diventa ostativo per cui non rimane che sostituirsi completamente al controllato. Allora, così come ogni cosa deve stare al proprio posto ovvero al posto stabilito dal controllante, ogni decisione, anche la più insignificante come scegliere il gusto di un lecca lecca, dire si o dire no, andare a destra o a sinistra, nelle cose importanti come anche nel gioco (potrebbe farsi male e sarebbe una catastrofe), la decisione spetta a lui o lei che ne è responsabile.
  • Fare due cose significa entrare in confusione.
  • Il tempo è la variabile più importante. Quando si presentano alla sua mente almeno due cose da fare queste entrano in conflitto riducendo in men che non si dica la loro possibilità di concentrazione. La paura di non riuscire nemmeno più a riflettere agisce limitando ancora di più le loro risorse intellettive. Il giudizio di non riuscire li fa entrare in un vicolo cieco e la loro appare una visione tunnel.
  • Si blocca il pensiero
  • L’angoscia consegue alla frustrazione e il ripetersi di queste circostanze fa diventare il processo un automatismo così che il solo pensarci lo innesca. L’idea di sé stessi cambia sia in termini di autostima, fiducia nelle proprie risorse o in riferimento alle idee sulla malattia mentale. Il pregiudizio potrebbe avere il sopravvento e definire le proprie prospettive di cambiamento a situazioni pregresse.

Perchè?

Questa condizione può determinarsi in seguito ad un trauma significativo o può originarsi da una infanzia vissuta al contatto di almeno un genitore con problemi di disturbo d’ansia. [Si badi bene, qui ci riferiamo ai disturbi d’ansia e non a forme fisiologiche di ansia].

La tendenza al controllo è l’elemento che accomuna tutte le forme patologiche di ansia

Scopo di questo scritto è di informare su queste modalità con cui viene trasmesso in ambito familiare e degli effetti che determina sulle generazioni successive.
Esercitare il controllo sull’altro diventa così l’intenzione di impegnare uno spazio mentale tale da impossessarsi della sua mente. Sottomettere per gestire la sua volontà al pari di un oggetto inanimato, di una marionetta. Solo che nei contesti familiari di cui stiamo parlando ciò non si vorrebbe in quanto le conseguenze non sarebbero auspicabili.

Le intenzioni del manipolatore non sarebbero a sfondo educativo o altruistico ma come un intimo sentire della persona che lo esercita, come un impulso, una coazione, una esigenza di cui non può, né riesce a fare a meno.

Le vittime dunque, sarebbero due: il manipolatore e il manipolato. Le differenze tra loro sono evidenti in quanto uno dei due è anche colpevole. C’è dunque, una vittima-vittima e una vittima-colpevole.
La vittima-colpevole è colei o colui – sempre un adulto – che manifesta la pulsione e vive una condizione di libero arbitrio nel momento in cui è in grado di comprendere che quello che sta facendo è di pregiudizio più o meno grave per coloro che ne subiscono la manipolazione. Una volta assunta tale consapevolezza anche con la collaborazione o l’intermediazione dei familiari adulti, il manipolatore può decidere di reagire in qualche modo. Tra le alternative ci sarebbe quella di accettare un eventuale aiuto.
La vittima-vittima è il bambino, in tutto e per tutto dipendente dagli adulti e dalla società che in quel momento è rappresentata dalla famiglia.

Immaginiamo un caso come il seguente
Una madre che ha l’esigenza di togliere le scarpe una volta entrati in casa e lo impone a un certo punto a tutta la famiglia. Dopo poco tempo ciascuno deve eseguire quell’atto senza necessariamente condividerlo. La donna esprime i suoi principi che riguardano essenzialmente la pulizia. In effetti lei ritiene che camminare scalzi per casa o indossare altre calzature che non siano state all’esterno, mantiene il pavimento e la casa tutta esente dai pericoli di essere sporcata e quindi essere fonte di germi e malattie.

Questa prevenzione costituisce per lei certamente una esigenza fondamentale per quanto è disposta a impegnarsi nel controllare che la norma venga applicata senza eccezioni.
L’esigenza del controllo è tale che la signora non si preoccupa se il figlio la condivida in quanto la ritenga giusta e in quale misura. Di certo è una norma igienica che mantiene la pulizia e previene le malattie ma la misura di tale esigenza non è necessario che venga condivisa con il figlio. Il rispetto delle norme igieniche In effetti, la mancata condivisione della regola con il figlio agisce come occupazione della sua mente in termini di assunzione di libero pensiero ed espressione. La signora entra in una condizione particolare in quanto pretende la sottomissione degli altri alla sua esigenza di pulizia. L’imposizione della regola senza la necessità di essere condivisa indica la pressione di una condizione fobica.

La costruzione di una mente vuota
Si comprende l’importanza dell’assunzione di una opinione e della libertà di espressione in una persona fin dalla più tenera età solo quando siamo in presenza di un pensiero coartato e di una limitata o nulla capacità di esprimere il proprio pensiero. Così diventa la barzelletta il bambino che non è in grado di esprimersi sulle cose, non riesce a formarsi una idea delle cose e ripete a pappagallo quello che gli altri, la maestra e il genitore, gli dicono di ripetere. Da grande non sarà una persona interessante e non occuperà posti di rilievo. Peggio se figlio unico in quanto le probabilità di uscire da tale circuito saranno pari a zero. Anche il coniuge sarà inglobato in tale circuito con effetti simili.

Il limbo emotivo
La persona che esercita il controllo e che tende a manipolare il pensiero e l’azione dell’altro vive una condizione molto penosa in quanto è stata essa stessa sottoposta a tale modalità di relazione con le persone significative della sua vita. In più si è trovata anche in un tale limbo emotivo e con tali risorse limitate da non poterne nemmeno rendersene conto. In effetti pare di non avvedersene e non riesce a fare altro che tentare di nascondere la sua diversità oppure di vantarsene come persona avveduta anche più degli altri. Potremo immaginare il controllo come l’esigenza verso la quale è protesa l’intenzione del soggetto mentre la manipolazione l’effetto dell’esercizio del controllo. Per cui controllo e manipolazione rappresenterebbero i due aspetti della costruzione. Con una metafora agricola potremmo immaginare il primo il contadino e il secondo il campo.
Una persona che ha l’esigenza irrefrenabile di imporre all’altro il controllo lo fa in quanto viene spinta da una forza di cui percepisce l’infondatezza dal punto di vista del buon senso. Si dispiace di non riuscire a misurarla e a limitarla ma tende piuttosto e comunque ad esercitarla anche se sa che è deleteria per la persona verso cui la esercita ed ama. E’ ella stessa vittima ed è combattuta tra l’esigenza dell’impellenza e il senso di colpa di stare commettendo qualcosa di errato fosse solo per il conflitto che provoca in lei e nell’altro.
Se i protagonisti sono un figlio e un genitore il quadretto è quello appena descritto. Più spesso è presente l’altro genitore o figli adulti, i quali entrano in qualche modo per correggere gli effetti dell’interazione dalle conseguenze quasi sempre prevedibili.

Le regole non condivise delle scarpe da levare in casa di cui ho accennato nell’esempio potrebbero avere un effetto diverso se esercitate su un figlio unico che vive solo con un genitore oppure in una famiglia completa. Le rimostranze e le opposizioni degli altri potrebbero aiutare a comprendere che i tentativi di manipolazione non sono altro che le esigenze compulsive di un genitore fobico. Infatti, l’opinione condivisa viene esercitata in questo nuovo contesto e appare un modo per sfuggire ai tentativi della persona malata la quale anche lei beneficerebbe dell’opportunità di una presa di coscienza del suo problema. In questo modo potrebbe essere più facile porvi rimedio con una terapia ad hoc.

L’esigenza di controllo esercitata dal soggetto fobico che manifesta una paura eccessiva del pericolo di sentirsi invaso dallo sporco può essere affrontata se viene portata alla ribalta di un sistema percettivo e reattivo che percepisce tale esigenza. Molte persone, sebbene comprendano che la loro richiesta è fuori dal comune in termini di standard di esigenza di pulizia percepiscono un senso di forte disagio al pensiero dello sporco a casa propria. Esse vivono un disagio irrimediabile se non preservando il pavimento e le suppellettili e anche le persone stesse.

Estremamente fastidiosi

Il disagio può diffondersi anche agli odori per cui queste stesse persone possono non sopportare odori anche minimi e reagire con intensità. Lo stesso può interessare la sfera dei rumori, della luce di forte intensità o dei sapori, della consistenza e del valore nutritivo degli alimenti. La percezione esageratamente emotiva a cui si sentono sottoposte può invadere ogni campo delle sensazioni e della sfera emotiva per cui queste persone risultano reattive a innumerevoli stimoli ambientali che percepiscono invasivi e fuori dalla norma al punto che non fanno altro che rimanere in attesa e sorvegliare tutto ciò che appare loro innaturale e fastidioso. La loro esigenza di reagire a tutto e a tutti fa si da non riuscire a concentrarsi sulle cose che gli altri reputano normali.

La relazione è compromessa

La gestione della relazione ne può risentire in modo pregiudizievole per cui risulta alterata e disturbata. Il soggetto affetto da ansia generalizzata o da numerose fobie e ossessione e compulsioni non può che peggiorare le sue condizioni di vita e la relazione con i suoi cari è compromessa fino alla chiusura comunicativa e a diagnosi psichiatriche che ne annunciano la incurabilità se non coi farmaci.
         La condizione di manipolazione si esprime sia come atto in sé intransigente (devi togliere le scarpe ogni volta che entri in casa) ma anche nei tempi che ti impongo (senza indugio). Ciò vuol dire che lo devi fare prima di fare qualsiasi cosa come andare in bagno perché ti scappa oppure perché stai chiudendo il rubinetto prima oppure c’è qualcos’altro di impellente. Non ha nemmeno importanza dove sei andato se in un luogo bagnato o asciutto oppure più o meno sporco di un altro. Infatti, le persone fobiche non riescono a fare la differenza tra un luogo più sporco o più meno sporco.

La loro esigenza viene vissuta mentalmente come paura che arriva immediatamente al suo scopo diventando in men che non si dica paura di paura. Anzi, la paura della paura è una condizione non soggetta a mediazione o a moderazione con l’intervento del ragionamento. Il suo intervento è immediato e per questo preconfezionato. Per cui anche nei ragionamenti a posteriori non c’è verso di trovare una giustificazione che ammetta una causa o una condizione di innesco.

Commento all'articolo