M.O.I. e insicurezza nei bambini
I bambini che hanno sperimentato esperienze continue di rifiuto del loro bisogno di affetto, e di ridicolizzazione delle loro richieste di contatto, o che hanno sperimentato una madre imprevedibile, una madre, in altri termini, alcune volte pronta ad accorrere ai segnali di paura e sconforto, e altre volte indifferente, elaborano un legame di attaccamento che viene definito insicuro-ansioso. Questi bambini manifesteranno ansia da separazione e, talvolta fobia scolastica.
I bambini con manifestazioni insicure, hanno modalità di relazione con i coetanei basate sulla paura di essere aggrediti o rifiutati, quindi manifestano impulsività e aggressività ostile per paura di essere aggrediti.
Lo sviluppo della rabbia disfunzionale nei bambini insicuri/evitanti viene appresa durante il primo anno di vita a contatto con una madre che non risponde ai segnali di prossimità del figlio o che frequentemente si rifiuta o si arrabbia quando egli esprime il suo desiderio di contatto fisico per soddisfare il suo bisogno di sicurezza.
La sua imprevedibilità al soddisfacimento delle istanze di sicurezza del figlio lo porta a strutturare un modello interno di resistenza e di evitamento delle situazioni di intimità per la paura del rifiuto.
Il bambino costruisce così un modello interno di sé come inadeguato e non meritevole di affetto e degli altri come minacciosi e inaffidabili.
I Modelli Operativi Interni
La ricerca tende ad affermare che i Modelli Operativi Interni (M.O.I.) sviluppati ad un anno tendono a permanere e a consolidarsi nei bambini anche a quattro anni e mezzo, a dieci e a sedici anni di età.
Bambini di quattro anni e mezzo dei quali gli Autori conoscevano il loro modello di attaccamento, vennero osservati nell’interazione a scuola con gli insegnanti e con il gruppo dei pari. I bambini evitanti mostravano maggiore aggressività ostile nei confronti dei compagni ed erano molto più frequentemente vittime di aggressioni rispetto ai loro compagni sicuri mentre nell’aggressività reattiva si comportavano allo stesso modo.Questi stessi ragazzi vennero descritti dai loro insegnanti come più timorosi, permalosi e preoccupati principalmente di ottenere abbastanza affetto, cibo, giocattoli, ecc., più sensibili all’ironia, alla critica e iper-reattivi alle più piccole frustrazioni e più facilmente si sentivano vittime manifestando una scarsa regolazione degli affetti.
L’aggressività assertiva, espressione di rabbia funzionale, tesa a riconquistare la stima di sé, è la manifestazione chiara, invece, di un attaccamento di tipo sicuro.
I Modelli Operativi Interni (M.O.I.) di sé e dell’altro nella relazione possono andare incontro a diversi destini. Uno di questi è offerto dalla possibilità di correggerli in ulteriori relazioni positive nelle quali un bambino è in grado di sperimentare una relazione significativa basata sull’accettazione e il contenimento. In questi casi i processi mentali male organizzati possono subire una revisione e così pure i Modelli Operativi Interni potranno strutturarsi su una maggiore fiducia in sé e sulla visione degli altri come meno pericolosi e più accessibili.
Il monitoraggio dei meccanismi difensivi dovrebbe evidenziare risposte basate più sui processi identificativi con figure di attaccamento positive o su aspetti positivi della comunicazione che impegnate ad arginare attacchi dall’esterno.
Questo processo dovrebbe inoltre essere favorito dall’apprendimento di competenze autoriflessive cioè della relativizzazione dei propri processi di pensiero e di quelli degli altri. Una immagine di sé positiva in rapporto ad altri disponibili e non svalutanti si instaura anche a partire dalla conquista di competenze sociali nel proprio ambiente di gioco e di studio.
L’insieme dei fattori protettivi che concorrono alla strutturazione di una buona immagine di sé nei rapporti con gli altri include anche lo stabilirsi nell’infanzia di relazioni amicali intense ed esclusive e il potersi affidare alle proprie percezioni per valutare con buona approssimazione e dare significato agli eventi e agli accadimenti.
Commento all'articolo