Gravidanza e maternità, aspetti psicologici (seconda parte)
Desiderare un figlio o desiderare una gravidanza?
Alcune donne vedono la gravidanza come un modo per diminuire i dubbi sulla propria femminilità o come mezzo per verificare la personale capacità di procreare.
Questa motivazione, lontana dall’ essere un progetto altruistico rivolto ad un oggetto d’amore, è associata alla necessità narcisistica ancora legata ad un completamento del proprio Sé e rimanda ad un conflitto inconscio ancora aperto tra la donna e la propria madre. Tale conflitto è oggetto di indagine dello psicologo di consultazione nei casi di procreazione assistita e in quelli di richieste di adozione, come vedremo più avanti.
In situazioni normali l’unione idealizzata con la madre, e contemporaneamente, l’identificazione con il figlio percepito crea un sistema trigenerazionale, tra passato e futuro, tra chi accudisce e, nello stesso tempo viene accudito. Questo doppio passaggio contemporaneo è assolutamente necessario affinché la donna sia libera di vivere entrambe le identificazioni, perché solo in questo modo sarà in grado di accettare da un lato il feto come oggetto e, dall’altro, se stessa come madre.
Nella concezione freudiana,
dunque, la donna deve poter regredire durante la gravidanza alla relazione preedipica con la madre rivivendo in fantasia la reciproca gratificazione che ne derivava: se ciò non è avvenuto, la donna non riuscirà facilmente a compensare la mancanza di senso, la stabilità e il benessere psichico e corporeo. In definitiva, i vari aspetti della sessualità, della femminilità e dell’immagine corporea rappresentano aspetti del Sé profondamente integrati che trovano la loro sintesi ed espressione durante la gravidanza. In particolare la funzione sessuale e il parto costituiscono nell’inconscio femminile una unità psicologica. Continua con la terza e ultima parte