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Disturbo border-line di personalità: la storia di Corinne

Disturbo border-line di personalità: la storia di Corinne

 

download (6) Asserisce di essere stata in consultazione da un numero imprecisato di professionisti sia in ambito pubblico che privato anni prima in seguito a situazioni analoghe. In questa occasione è stata spinta a rivolgersi a un professionista dietro insistenza del nuovo fidanzato.

Storia anamnestica e sintesi dei colloqui

La storia anamnestica della paziente viene ricostruita durante tre colloqui a cui la donna acconsente di sottoporsi perché venga formulata una diagnosi psicologica.

Alla paziente viene spiegato che solo successivamente ad essa potrà scegliere di sottoporsi ad una psicoterapia.

La signora C. è divorziata e senza figli. Vive con il compagno da alcuni anni e con il desiderio di lasciarlo perché, a suo dire, non l’ama più.

Di bell’aspetto e molto curata, la signora racconta di una vita grama e senza soddisfazioni fra pianti e toni a volte accesi, a volte suadenti e confidenziali.

Penultima figlia di sette fratelli di cui uno defunto per un intervento chirurgico mal riuscito, la signora è orfana di padre a causa di un incidente automobilistico accaduto nel 1986.

Riferisce di episodi significativi dell’infanzia trascorsa con cinque fratelli e una sorella e della sua predilezione a giocare con i maschi.

La madre è affetta da depressione maggiore e il loro rapporto viene definito “molto difficile”: non ricorda di carezze e di baci ricevuti dalla madre. Sottolinea, invece, il buon rapporto con il padre a causa delle cure di questi rivolte alla bambina vivace e racconta di episodi in cui la portava con lui quando andava a far visita all’amante. Nonostante ciò la Signora racconta le sue reazioni rabbiose fin dalla preadolescenza nei confronti del padre e di sentimenti ostili nei suoi confronti allorquando questi gli poneva dei divieti. Riferisce del tentativo non riuscito di afferrare suo padre per le gambe e farlo precipitare dalla finestra in risposta ad un suo divieto.

La signora C. racconta anche dei suoi sentimenti negli episodi di mancanza di controllo dell’impulso aggressivo in svariate situazioni e di comportamenti oltremodo rischiosi in cui ha messo a repentaglio la sua vita.

Si sofferma sull’intervento chirurgico subìto all’età di 20 anni alla colonna vertebrale che l’aveva costretta ad indossare fin dall’ età di 10 mesi una ingessatura che le immobilizzava il tronco e, successivamente, numerose altre costrizioni fisiche fino all’età di 16 anni. Esasperata dalla malattia decise di sottoporsi ad un intervento chirurgico molto complesso e di incerto esito a quei tempi.

Dopo il matrimonio, che durò circa due anni, la signora C. ha avuto varie storie sentimentali. Durante l’adolescenza racconta di relazioni sentimentali talvolta significative e coinvolgenti ma anche di altre ritenute poco importanti che erano il frutto di una tendenza a sedurre persone che occupavano una certa posizione sociale ed erano interessate a lei. La signora sottolinea anche la continua ricerca di affetto negli uomini e la conseguente delusione che sopraggiungeva alcuni mesi dopo.

La carriera scolastica e lavorativa è anch’essa contrassegnata da incostanza e precarietà. Dopo la scuola media si iscrisse alle superiori che interruppe anche per le complicazioni della malattia. A scuola il rapporto con i coetanei e i professori era conflittuale. La signora racconta dei suoi tentativi a volte riusciti di seduzione di alcuni professori per dimostrare la sua capacità di sottometterli. Inoltre fa riferimento alle sue scorribande con lo scooter in compagnia di amici maschi e del soccorso dei fratelli a sua difesa quando si metteva nei guai a causa delle sue intemperanze.

La carriera lavorativa è stata contrassegnata da precarietà dovuta a continui abbandoni del posto di lavoro per comportamenti impulsivi e oppositivi oppure a innamoramenti e conseguente abbandono del lavoro quando l’innamoramento finiva. Così è stato quando lavorava per una finanziaria e successivamente come hostess e poi, in una agenzia di formazione. Attualmente lavora presso una nuova agenzia di formazione di cui non è contenta e desidera lasciare a causa dei ritmi di lavoro troppo incalzanti e faticosi.

La signora C. si è sottoposta a ripetuti interventi di inseminazione artificiale (fivet) nel tentativo di concepire un figlio. Afferma con convinzione e risolutezza che non le sono mai state diagnosticate alterazioni dell’apparato riproduttivo. Questa situazione la induce a desiderare fortemente una maternità.

Nel corso dei colloqui racconta anche di alcuni tentativi di abuso da parte di adulti nei suoi confronti quando aveva intorno a 9 – 11 anni ma di cui ella non ha una chiara memoria.

Nella comunicazione esprime i fatti con una coerenza descrittiva quasi maniacale e, quando racconta di fatti significativi per la loro pregnanza emotiva non accompagna tali fatti con una conseguente coerente emozione. Il suo scopo sembra quello di sorprendere e di fare vanto. Sembra preoccuparsi più della coerenza descrittiva che dei valori e dei principi violati. Mostra di ravvedersi solo dopo avere letto sul volto dell’interlocutore talune manifestazioni emotive conseguenti a giudizi di valore.

La signora C. riferisce anche del fastidio che provano i suoi accompagnatori quando lei gli fa fare lunghi percorsi per evitare gallerie e delle sue reazioni emotive e di protesta per l’incapacità a sopportare di stare in auto nel traffico. In queste occasioni le sue reazioni sono di forte tensione a causa del senso di oppressione e tali da farla agitare fino a costringerla a scendere dall’auto dopo ripetute proteste. Evita di parlare in pubblico ed è sopraffatta dall’ansia se solo pensa di prendere un mezzo pubblico che non sia un taxi. Immagina le condizioni igieniche in cui versano e prova un senso di schifo. La paziente non ricorda a che età è iniziata questa difficoltà (agorafobia di media entità senza storie di disturbo di panico). La paziente ricorre alla compulsione per ridurre l’ansia dovuta alla ossessione(?).

La signora racconta che in determinate situazioni, cioè dopo una sfuriata o durante una situazione particolarmente problematica in cui ci sono decisioni da prendere in contesti aleatori o per episodi di svilimento dovuti ad atteggiamenti abbandonici di persone care, ella si sente “fuori dal proprio corpo” e assente dalla situazione specifica. In queste circostanze non riesce a prendere decisioni. (depersonalizzazione). La signora ama il lusso e la cura della persona. Ama spendere in modo compulsivo senza preoccuparsi di avere i soldi per farlo. Condivide con la madre la passione nel comprare scarpe.

Conclusioni

Il quadro sintomatologico, le implicazioni comportamentali e, in particolare, la gestione degli affetti inducono a ritenere che la paziente sia portatrice di un disturbo di personalità di tipo borderline su base ansiosa parossistica con tratti di disturbo antisociale di personalità e disturbo dell’attaccamento.

Tale diagnosi psicologica si basa sulle evidenze, raccontate e costruite per la sua storia clinica.

Il comportamento della signora C. è caratterizzato da una marcata instabilità dell’affettività, dell’umore, delle relazioni con gli oggetti e dell’immagine del sé.

I rapporti affettivi sono caratterizzati da estremi di idealizzazione e svalutazione della figura di attaccamento.

L’aspetto antisociale di personalità viene inferito sia dall’episodio di tentato omicidio del padre, sia dagli aspetti confusivi del sé e della parziale scissione dell’io pur rimanendo una diagnosi provvisoria in quanto vanno meglio accertate le tendenze superegoiche.

Le situazioni scatenanti la forte aggressività e la rabbia incontrollata sono contesti affettivi sentimentali in cui la signora si sente insicura del partner e compie sforzi disperati per evitare un abbandono reale o immaginario. In questo scenario ella rimane vittima dei forti sentimenti di insicurezza che, trasformandosi in deliri di gelosia, inaspriscono il rapporto con il partner. Rifacendosi al pensiero di M. Klain, si può teorizzare la presenza di meccanismi di scissione e di identificazione proiettiva. Gli “oggetti interni cattivi”, si sarebbero originati da costellazioni difensive scisse nel rapporto con la madre depressa e le costrizioni oppressive della malattia.

In questa prospettiva va letto l’episodio di depersonalizzazione in quanto dovuto a dissociazione momentanea dell’io.

In aggiunta c’è l’ideazione paranoide (delirio di gelosia) e il sintomo dissociativo momentaneo attribuibile a situazioni estreme di stress con confusione dei confini dell’io.

Gli episodi fobici e il pensiero dicotomico, nonché la bassa soglia della frustrazione fanno ritenere la prognosi abbastanza negativa.

Evidenziandosi nella storia clinica della paziente la riproposizione di identici modelli e schemi comportamentali quali le reazioni esagerate alla frustrazione abbandonica, la rabbia e le reazioni comportamentali talvolta immotivate, l’ansia, le fobie, i rapporti interpersonali instabili, la ridotta capacità di apprendere dai propri errori, la confusione nei confini dell’io, la difficile gestione dei rapporti affettivi e nel lavoro, propendiamo ad identificare nella paziente le sindromi di cui sopra.

Pertanto, si consiglia alla paziente di sottoporsi ad una psicoterapia con lo scopo di rinforzare l’io, ridurre l’impatto degli oggetti interni cattivi aiutandola a individuare e a correggere i più dannosi e pervasivi meccanismi difensivi (scissione e identificazione proiettiva). Inoltre, la psicoterapia potrà aiutare la paziente a definire e a strutturare una migliore immagine di sé e una migliore organizzazione sia degli affetti che dei comportamenti per il raggiungimento di scopi più adattivi sia negli affetti che nella vita sociale e lavorativa.