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Disponibilità al ruolo di genitore

Disponibilità al ruolo di genitore

images (6)Uomini e donne che hanno avuto la fortuna di essere cresciuti in un’ atmosfera familiare relativamente costruttiva, con genitori dotati di tolleranza e tatto ragionevoli, svolgono il loro ruolo parentale senza creare troppe difficoltà. Vi sono anche uomini e donne che riescono a portarlo avanti senza eccessiva tensione e riescono a resistere agli insulti della vita con flessibilità e buon senso. Poiché per questi ultimi ciò non costituisce un carico eccessivo, non reagiscono con collera, irritazione , risentimento, negligenza o iperprotezione, cioè assumono uno stato che viene talvolta descritto come “disponibilità al ruolo di genitore”.
Anche se non fa parte delle nostre attribuzioni correggere talune disabilità, risulta chiaro che la funzione genitoriale può essere appresa da alcuni meglio che da altri, dall’esperienza e dall’esempio, ma anche dalla disponibilità al cambiamento.
Tale disponibilità è uno dei fattori prognostici per la buona riuscita del genitore “sufficientemente buono” rifacendomi agli insegnamenti di Donald Winnicot, lo psicoanalista e pediatra inglese.
In una serie di interventi fatti da me presso alcune scuole e rivolto ai genitori ho avuto modo di comprendere alcune dinamiche particolari e cercare di essere loro di aiuto.
“Di altro segno sono stati i casi in cui un genitore (in primo luogo la madre) si doveva confrontare con l’ansia e le angosce del figlio che esprimeva il sintomo dell’enuresi o della encopresi. Nei casi da me esaminati, questi importanti segnali delle difficoltà dei piccoli sono sopraggiunti in seguito ad alcune difficoltà delle madri, le quali o erano in preda a incipienti crisi depressive o avevano fatto risentire al figlio cattive abitudini in una fase molto precoce della loro vita. Il danno si esprimeva ora ma era abbastanza evidente avere un’origine remota. Le stesse madri, afflitte dai sensi di colpa, nel momento stesso che richiamavano i vissuti del figlio, avevano abbastanza chiara l’origine della problematica.
Agiva in queste madri una forza e una determinazione al cambiamento sorprendenti ma, al tempo stesso, lamentavano l’assenza di aiuto e l’eccessivo carico di incombenze familiari.
Le crisi di abbandono dei piccoli hanno spesso origine da modalità di attaccamento mal funzionante nei genitori. Questi genitori hanno bisogno di aiuto ma è difficile ottenerlo e, il più delle volte, devono cavarsela da soli.
Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti. I bambini si isolano, esprimono in vari modi il disagio e, soprattutto a scuola, manifestano scarsa socializzazione, comportamenti impulsivi e di ostilità. Ostilità che spesso è rivolta contro se stessi.
In almeno quattro casi la problematica del figlio era direttamente connessa alla necessità della madre di rinnovare il proprio dominio su di lui, non consentendogli l’autonomia di cui aveva bisogno.
Alcuni di questi genitori considerano il bambino un oggetto, privo di sensibilità e di una propria personalità, da poter plasmare a loro volontà. Il comportamento di questi genitori, essendo parte integrante del bisogno nevrotico, di natura coatta e quindi irresistibile, di dominare il figlio, necessita dell’ eliminazione delle aree conflittuali e dei modelli difensivi del comportamento che nega l’angoscia e in cui è inglobato il bambino. Quando un bambino è parte della sindrome del carattere o della nevrosi del genitore, soltanto una modificazione del carattere o una risoluzione della nevrosi potrà produrre un cambiamento nel comportamento e nell’atteggiamento.
Normalmente l’osservazione dimostra che quando un padre o una madre accettano completamente il figlio e il loro ruolo di genitori, anche se il loro modo di trattarlo è inadeguato, egli assorbirà tale trattamento con minor danno che nel caso in cui questi presupposti familiari favorevoli non esistono. Abbiamo, invece, riscontrato buona disponibilità al cambiamento in alcune madri che si sono lasciate aiutare, forti della buona disposizione ad affidarsi. In alcuni casi erano loro stesse a mostrarci i disegni dei figli e a descriverci nel dettaglio le ipotesi circa l’origine del disturbo. I colloqui con queste madri si sono rivelati molto efficaci per la risoluzione del problema in quanto insieme abbiamo talvolta escogitato semplici espedienti, a volte palliativi, che si sono rivelati molto efficaci ed hanno avuto successo per il semplice fatto che questi sono stati proposti con il loro aiuto e con la loro riflessione. I genitori hanno assimilato nuovi atteggiamenti soltanto perché sono stati aiutati a raggiungere comprensioni e conclusioni attraverso il proprio sforzo, accettando la conoscenza acquisita e integrandola efficacemente nella propria vita quotidiana.
Una delle prime conclusioni relativa all’attività svolta dallo sportello di consulenza psicologica, è stata la verifica di quanto in letteratura è già conosciuto circa la disponibilità dei genitori ad affidarsi, un indice della buona prognosi del superamento delle problematiche che i bambini incontrano nel difficile percorso della crescita.
Uno degli aspetti irrazionali della percezione dei genitori che abbiamo incontrato più spesso e su cui riteniamo valga la pena di soffermarsi, è quello secondo il quale il problema del figlio rimarrà per tutta la vita o che questo potrebbe provocare effetti disastrosi.
Spesso, molto spesso, i genitori si sentono pressati dalla problematica dei figli al punto che non riescono a vedere una via d’uscita.
Gli adulti difficilmente accettano la natura transitoria delle reazioni infantili che cambiano costantemente durante il processo maturativo.
La prevalente convinzione fatalistica che un bambino non cambierà se non dietro pressioni dei genitori è all’origine di molte tensioni e attriti. Naturalmente, è indesiderabile che un comportamento infantile persista durante l’adolescenza o nell’età adulta, ma non è detto che ciò accada.
Lo schema prevalente attraverso il quale gli adulti considerano gli eventi in corso è per lo più orientato verso il futuro, contrariamente ai bambini, che vivono nel presente e non possono percepire quale rapporto vi sia fra il loro comportamento e il futuro.