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Dipendenza affettiva: il codice servile

Dipendenza affettiva: il codice servile

            Il codice servile si esprime nelle relazioni sentimentali patologiche

Mario mi ha chiesto di nuovo un appuntamento dopo che aveva lasciato la psicoterapia. 

  •  La novità è che Mario è andato via di casa poichè Dora lo ha cacciato in seguito all’ennesimo litigio.
    Il suo atteggiamento nei confronti della compagna era di immaturità, cioè era per lui difficile gestire le reazioni di Dora.
    Mario si lasciava andare a eccessi aggressivi in risposta ad attacchi alla sua autostima. Dora è molto drastica nei confronti del compagno ed esercita nei suoi confronti un potere su tutte le scelte affettive di questi. Ha da ridire sul suo rapporto coi figli, a suo dire sfruttatori assieme alla sua ex moglie e immeritevoli, salvo poi a ricordargli di avere un dovere nei loro confronti ma da esercitare secondo canoni da lei dettati.
  • Mario si sente afflitto da questo rapporto e dai modi della donna descritti come molto aggressivi e di prepotenza, improntati perciò alla sfida, al conflitto e alla manipolazione.
    Vive profondi sensi di colpa nei confronti dei suoi tre figli che vede solo quando si sente autorizzato da lei. Nutre dentro di se un conflitto doloroso tra l’impedimento ad esercitare i suoi doveri di padre e le ingiuste rivendicazioni della compagna. Si sente debole e manipolato.
  • Ogni volta poi, cede davanti alle profferte amorose di lei e conclude che è colpa sua e che deve cambiare.
  • Adesso Mario vuole cercare di coprire questa nuova malefatta e, proprio come un bambino, vorrebbe essere perdonato poichè non viene creduto nelle sue vere intenzioni e accetta di essere fortemente redarguito. “Non posso fare a meno di lei, e dal momento che non ci riesco perchè sto male senza, è inutile che io mi separi ogni volta per poi ritornare” dice. Adesso però è fuori casa perchè lei lo ha cacciato già prima che succedesse questo ulteriore “incidente”.
  • Mi dice: “Dottore, capisco di essere nel torto e non ho giustificazioni. Voglio tornare da lei e vorrei essere perdonato ma so che è impossibile. Prima mi incolpava di averla minacciata con un coltello e io capisco di avere sbagliato, adesso mi accusa di averla tradita con un trans quando mi aveva già cacciato di casa per i miei eccessi aggressivi quando lei mi accusa ingiustamente e non mi capisce, mi tratta come una pezza da piedi. Non mi sento felice con lei ma non posso andare via. Mi sento in trappola ma la amo”. (Vedi l’articolo “E’ vero amore?”).

         Il giudizio che da di se stesso

  • Il giudizio che Mario da di se stesso, mentre nella vita sociale è di piena approvazione e di soddisfazione, quello che si attribuisce nel rapporto sentimentale e nella relazione con Dora è, invece, assolutamente perdente e insoddisfacente. Mario ha chiaro che è vittima di questo rapporto e che non riuscirà mai a sfuggire e per questo si sente sconfitto e pieno di rabbia per quello che la sua compagna gli procura. Si sente uno schiavo d’amore.         

Da un certo punto di vista si sente come se l’altro immaginario che vive dentro di lui si presentasse in tutta la sua dannosità. Il concetto di l’altro immaginario è stato introdotto da Ghezzani il quale “Più è positivo e stabile meno ci accorgiamo che esiste. Più è instabile e precario, e quindi potenzialmente negativo, più temiamo che il nostro Io, collegato ad un Tu ostile, possa collassare e andare in pezzi.
Nella coppia,.. “quando l’altro ci è benevolo non ci accorgiamo nemmeno della sua esistenza. Ma se invece dubitiamo che ci voglia bene o pensiamo che possa esserci ostile, allora esso diviene enigmatico. Quando ci sentiamo in difetto o in colpa verso di lui; quando il nostro rapporto con lui è mediato da un dubbio“.

Una madre problematica
      Mario si sente indegno di amare e di essere amato e, in realtà anche Dora sembra afflitta dallo stesso problema. Dora immagina Mario sempre in procinto di tradirla. Mario è rigido osservante del suo codice servile.

  • La storia di Mario è contrassegnata fin da bambino da un rapporto con una madre problematica. Nel suo racconto la donna è mostruosamente giudicante e mascolina nelle sue maniere e tale da avere ridotto il ruolo del marito a marginale.
  • Mario ha idealizzato la madre.
  • Su questo tipo di rapporto scrive Ghezzani: “quando la madre è delusa del marito, si rivolge al figlio come a un principe consorte: quando ha un contenzioso aperto con il genere maschile, tratta il figlio come un alter-ego (disprezzandone la mascolinità); quando è depressa per la sua storia di vita o vittimizzata dalla propria madre, si rivolge a lui come a un consolatore privilegiato. Risvegliatosi alla pubertà, il ragazzo persiste allora nel suo atteggiamento di sottomissione e timore nei confronti della donna, oppure può mimare una virilità ribelle, nascondendo un nucleo di vulnerabilità che può essere sempre riattivato”. “Ogni dipendenza affettiva rivela in trasparenza questo codice servile“.

Il codice servile agisce anche nelle donne

  • Nella sua forma moderna la donna dipendente affettiva fa di tutto per combattere, inutilmente, la sua tendenza al servilismo con manifestazioni eclatanti. “insofferente come una tigre in gabbia, litiga, diventa gelosa, rende la coppia un inferno al solo scopo di essere lasciata libera; poi, ottenuto ciò che vuole ne soffre e si pente. Viene piegata dai sensi di colpa, dalla paura della solitudine, dall’orrore di non essere nemmeno più una donna , ma solo una aberrazione morale priva di qualunque amabilità“.
  • Mario è imprigionato nei suoi stessi bisogni
    E’ un innamorato immaturo che a causa del suo disagio a disporsi alla dipendenza è condannato a vivere ogni volta l’angoscia per non sentirsi accettato. E’ costretto a rivivere incessantemente i segni dell’innamoramento immaturo e senza responsabilità a causa della sua indisponibilità ad accogliere dentro di sè l’altro a causa della sua paura originaria.
  • Sceglie” sotto l’impulso coattivo una donna difficile, complessa per la sua natura disadattata e inadatta a condividere e destinata anche lei a rimanere nel limbo della diffidenza. La consapevolezza di essere rimasti fuori dalla grazia di Dio e quella di constatare la ripetizione all’infinito del ciclo: paura di essere giudicato-indisponibilità ad accogliere – reazione emotiva alla paura di abbandono, generano la reazione di fuga e l’isolamento come condizione a cui costringono la propria esistenza. Ma ben presto quella paura a rimanere soli e l’ansia per l’abbandono anticipano la sofferenza che viene percepita già all’inizio del ciclo e addirittura l’intero ciclo viene rappresentato nell’immaginario come avversione per l’altro/a che ha la responsabilità di avere generato tale malvagità.

L’intervento psicoterapeutico

  • L’intervento psicoterapeutico dovrebbe essere volto alla consapevolezza dei principali meccanismi psicologici individuati e a disporre in modo graduale di obiettivi in grado di ricostruire ciò che manca. Il lavoro psicoterapeutico dovrebbe rinsaldare la capacità ad accogliere l’altro dentro di se riducendo l’ansia e la paura di sentirsi annientati; riconoscere e arginare i richiami del codice servile che inducono a ripetere una passività/aggressività che porta a ripetere a sua volta i ruoli che ciascuno si è dato fino a quel momento nel rapporto.