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Crisi di Panico e pianto del figlio

Psicologia infantile

Crisi di Panico e pianto del figlio

 Maria ha crisi di panico ogni giorno; è sempre più confusa e non riesce a trovare una soluzione.
Ha due figli e un marito e le crisi di panico avvengono quasi sempre a casa.
Viene allo studio e io le prescrivo subito “Il diario di bordo” a conclusione di un colloquio che segue una procedura prestabilita.

La volta successiva mi porta tutte le pagine compilate e mi accorgo che le crisi avvengono quasi sempre a casa. Ad una indagine specifica Maria riferisce che il problema si esprime in tutta la sua gravità quando il figlio più piccolo inizia a piangere. Quando ciò accade Maria perde il controllo della situazione e scappa. Poi, si accorge che sta sbagliando e entra in una profonda crisi di panico con tutte le angosce del caso e le alterazioni della sfera percettiva e emotiva conseguenti.

I sensi di colpa sono enormi e lei si sente intrappolata da questi eventi che si succedono oramai automaticamente.

Le spiego che il pianto dei bambini piccoli è tale per cui esso deve attrarre la madre per riceverne cura ed assistenza. La Natura ha fornito l’umanità di questo elemento che è servito alla sua sopravvivenza ed è un meccanismo biologico di comunicazione che si è andato sempre più adattando nel corso dello sviluppo evolutivo.

Quando il bambino riceve attenzione, poi dovrebbe arrivare anche la cura e il sostegno per lui. In certi casi però ciò può non avvenire, proprio come nel suo caso in questione in quanto la donna mostra al figlio un aspetto di sé e un comportamento non adattivi.

A causa dell’ansia in eccesso la prestazione materna subisce una mortificazione e lei si sente inadeguata.

Purtroppo, il risultato è catastrofico sia per lei che per il figlio. Il bambino ha imparato nel corso di queste interazioni che la madre è indisponibile e lo segnala con la protesta del pianto. La madre a sua volta ha ancora più paura del suo comportamento e scappa dall’angoscia che le procura il figlio con il suo pianto.

Il circuito vizioso si è stabilito ed assume la forma di un condizionamento, ovvero un apprendimento di un comportamento ben consolidato a cui risulta molto difficile sfuggire.

Molte mamme sono afflitte da questo problema e nei casi più gravi sopraggiunge l’attacco di panico a sancirne un intervento correttivo. Gli effetti sono comunque molto dannosi anche in tutti gli altri.

Cosa fare? 


La gestione del caso parte dal presupposto che l’espressione di paura, e più ancora del panico, trasmette al bambino angoscia e paura a sua volta.

Il bambino che ha paura non può fare a meno di piangere. Il suo pianto acuisce il problema nella madre che a sua volta reagisce scappando nell’attacco di panico.

Molte persone non si avvedono del fatto che quando comunicano, i loro pensieri negativi provocano in loro una espressione corrucciata. Questa espressione condiziona molto la comunicazione e ne ricevono quindi più facilmente ostilità espressa nelle varie forme di diniego e aggressività. Spesso non si sanno spiegare perché ma la ragione risiede nella espressione del loro volto. Un volto corrucciato per la rabbia e l’ostilità evoca a sua volta rabbia e ostilità.

Se una persona impara a modificare la sua espressione soffermandosi per un tempo necessario a come si presenta l’espressione del suo volto, allora sarà in grado di modificarla per tempo e presentarla in certe circostanze, corretta.

La responsabilità di una madre che vuole crescere assieme ad un bambino sano sarà pronta.

La signora Maria è contenta per averla aiutata a capire, adesso bisogna fare delle cose per cambiare la sua percezione del pericolo quando si trova al cospetto del figlio che piange per affrontare e non scappare.

Non sarà certamente una cosa semplice e immediata. Si potrà di certo continuare a sbagliare ma alla fine lei sa che potrà farcela.
Deve solamente monitorare la sua espressione attuale avendo uno specchietto portatile appresso – come avveniva per annotare sul notes il “diario di bordo” – ogni volta che il figlio piccolo piange per richiederle qualche cosa che fa parte dei suoi bisogni.

Guardare la propria espressione allo specchio soffermandosi per 5 secondi, darà a lei la possibilità di distogliere la sua attenzione e liberarla per il tempo necessario a sfuggire all’escalation dell’angoscia e dal vortice dell’attacco di panico. In questo modo la mamma dovrebbe rimanere vicino al figlio il tempo necessario e presentandogli una faccia non più minacciosa come lo era prima.

All’espressione sorridente della madre il bambino inizierà a reagire diversamente da prima.

Per ottenere un vero cambiamento c’è però bisogno di tempo. Sostituire un vecchio apprendimento consolidato con uno nuovo non è una cosa facile ma in questo caso la posta in gioco è altissima e lei è sicura di farcela.

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