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Cosa è la Terapia Strategica

Cosa è la Terapia Strategica

Di Alessandro Bartoletti 

      La Terapia Breve Strategica è un approccio originale alla soluzione dei problemi umani che presenta specifici fondamenti teorici e prassi operative in costante evoluzione sulla base dell’esperienza empirica. Si tratta di un approccio breve (al di sotto delle 20 sedute) che si occupa da una parte di eliminare i sintomi e i comportamenti fonte di sofferenza, dall’altra di produrre un cambiamento nelle modalità attraverso le quali una persona costruisce la propria realtà personale e interpersonale.
     A differenza delle tradizionali teorie psicologiche e psichiatriche, un terapeuta strategico non utilizza nessuna definizione di “normalità” o “patologia” psichica; si basa piuttosto sui concetti di “funzionalità” o “disfunzionalità”. 

       Da un punto di vista strategico, quindi, per cambiare una situazione problematica, non è necessario indagare e svelare le cause passate (aspetto su cui, peraltro, non si avrebbe nessuna possibilità di intervento), ma risulta più utile lavorare sul come il problema funziona nel presente e su quali strategie siano più adatte a creare un cambiamento efficace e duraturo.
       Per raggiungere questo risultato nella maniera più rapida ed efficiente possibile, l’intervento strategico è di tipo attivo e deve produrre risultati già a partire dalle prime sedute.
Scopo ultimo dell’intervento terapeutico diviene quindi l’acquisizione di autonomia e capacità personali nel fronteggiare e risolvere i problemi.

Breve cronistoria. Dagli anni ’40 al 1980 l’ipnotista Milton Erickson sviluppò un modello di terapia molto originale. Per la sua geniale capacità di problem solving fu spesso accusato di interventi terapeutici “magici” e “miracolosi”. In realtà, di magico e miracoloso c’era ben poco, se non appunto la sua grande maestria nel trovare soluzioni semplici a problemi complessi.
Assieme al suo lavoro clinico, la teoria della comunicazione nata con l’antropologo Gregory Bateson, gli sviluppi costruttivisti della teoria cibernetica (Heinz von FoersterErnst von Glasersfeld), confluiscono poi nella cosiddetta Scuola di Palo Alto, di cui Paul Watzlawick è il maggior esponente.

Paul Watzlawick e Giorgio Nardone nei primi anni ’90

      Con Giorgio Nardone, allievo e collaboratore di Watzlawick, si ha la moderna evoluzione dell’approccio strategico. Il suo maggior contributo è la messa a punto di specifici protocolli di trattamento per specifici disturbi, e la formalizzazione di un proprio originale modello di Terapia Breve Strategica™. Attualmente il modello è applicato con successo da centinaia di specialisti formati da Giorgio Nardone e costantemente in evoluzione anche grazie al numeroso gruppo di ricercatori e terapeuti affiliati al Centro di Terapia Strategica in Italia e nel mondo.
Come funziona il problema, anziché perché esiste, è il focus clinico che contraddistingue tale approccio dalle convenzionali forme di terapia. Ciò gli ha permesso di diventare uno dei modelli di terapia più efficaci e veloci oggi a nostra disposizione per risolvere i problemi psicologici.

Come funziona la Terapia Breve Strategica

       La prima caratteristica della terapia breve evoluta è che l’intervento terapeutico viene attuato non partendo da una teoria a priori assunta dal terapeuta ma sulla base dell’obbiettivo da raggiungere e delle caratteristiche del problema da risolvere. La seconda regola è che l’intervento viene adattato su misura di ogni singola persona, famiglia e contesto socio-culturale. Come già affermava Erickson, infatti, ogni individuo possiede caratteristiche uniche ed irripetibili, così come è altrettanto originale la sua interazione con se stesso, gli altri e il mondo. Di conseguenza, anche l’interazione terapeutica risulta essere unica ed irripetibile. Sta al terapeuta, dunque, adattare la propria logica ed il proprio linguaggio a quello del paziente procedendo, in tal modo, nell’indagine delle caratteristiche del problema da risolvere, sino alla rilevazione della sua specifica modalità di persistenza. Tecnicamente, questa è la fase di indagine sulle “tentate soluzioni”.

      Le tentate soluzioni rappresentano il principale strumento operativo del lavoro strategico. In pratica, si tratta di individuare quali sono i tentativi di soluzione ridondanti, ossia quell’insieme di azioni personali, pensieri soggettivi, dinamiche relazionali, emozioni dominanti, ecc. che costantemente la persona mette in atto nel tentativo di superare il problema.
      Una volta individuate le peculiarità della persistenza del problema, il terapeuta potrà utilizzare la logica di Problem Solving che appare più idonea. Se la modalità di persistenza del disturbo, appare tra quelle ben note, si potrà utilizzare una sequenza formalizzata di strategie e soluzioni, ossia un protocollo specifico di trattamento.

      Negli anni abbiamo perfezionato molti protocolli specifici di trattamento per problemi come gli attacchi di panico, l’agorafobia e la claustrofobia, l’ipocondria, i disturbi ossessivi e quelli ossessivo-compulsivi, quelli sessuali e per le principali forme di dipendenze alimentari come la bulimia, il bing-eating, il vomitino. Se al contrario il meccanismo di persistenza del problema sembra avere aspetti di originalità, si escogiterà una serie di strategie costruite ad hoc.
     In entrambi i casi, sarà la misurazione dei risultati di volta in volta prodotti – non solo tra l’inizio e la fine della terapia, ma durante ogni singola fase del processo terapeutico – a guidare i successivi passi terapeutici, come in un rigoroso modello matematico. Il fine ultimo della terapia è quello di costruire autonomia e indipendenza. Il cambiamento strategico è infatti efficace quando mette la persona in condizione di non doversi più “appoggiare” o farsi aiutare, ma essere in grado di gestire in prima persona le esperienze che la vita le propone.

      Intervento di Alessandro Bartoletti durante il 6° Convegno di Neuroscienze e Psicologia del Lavoro: “Il cambiamento, dal Cervello al Comportamento” (presso Camera dei Deputati)
Questa metodologia permette nella maggioranza dei casi di sbloccare la patologia molto rapidamente. A tale cambiamento corrisponde un progressivo innalzamento di autonomia personale ed un incremento dell’autostima, dovuto al recupero della fiducia nelle proprie risorse e capacità personali. Da questa ottica, appare assurda la usuale convinzione che problemi e disagi che persistono da molto tempo, necessitino obbligatoriamente, per essere risolti, di un altrettanto lungo e sofferto trattamento terapeutico.
In molti casi, mediante un piano strategico ben congegnato e ben applicato, si possano sbloccare, in tempi rapidi (talvolta dopo un solo incontro), problemi e disturbi radicati da anni.
Ovviamente esistono casi che richiedono una terapia più lunga ed altri minor tempo. Tuttavia, rimaniamo convinti che se una terapia funziona, deve produrre cambiamenti significativi molto rapidamente.

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