Ansia da razzismo
Ho dato un mio contributo alla rivista medicitalia alla richiesta di
aiuto di un giovane universitario italiano, originario dell’India.
Trauma e ansia da razzismo
INSERIMENTO CONSULTO
Sono un ragazzo vent’enne di colore. I miei genitori provengono dall’India ma io sono nato qua, culturalmente mi identifico come italiano.
Tre anni fa ho cominciato a leggere articoli online delle testate giornalistiche italiane e davo un’ occhiata ai commenti, questi ultimi sono poi diventati parte predominante delle mie letture fino a quasi diventare un’ossessione. Motivo? La quantità di razzismo che riscontravo era enorme, i commenti più votati erano sempre i più aggressivi e ciò ha permanentemente frantumato la campana di vetro in cui vivevo.
Sono passato dal credere il razzismo defunto al ritenerlo un fenomeno dilagante e quasi pericoloso. Passavo interi pomeriggi a leggere i commenti, sopratutto riguardanti l’immigrazione. Mentre leggevo sentivo angoscia fino al punto di percepire come dei sensi di vuoto all’altezza dello stomaco, questo con picchi sulle notizie riguardanti le morti dei migranti in mare tra commenti divertiti, cinici e sprezzanti.
Perché continuare a leggerli?
Per lo stesso motivo chiunque altro si informa cioé apprendere notizie sulla realtà che ci circonda.
La maggior parte di voi è interessata alla notizia in sé, io ero interessato ai commenti perché offrivano dati sulla realtà ben più interessanti e urgenti per un ragazzo di colore come me, cosa mi dovrebbe interessare del pericolo nordcoreano quando scopro giorno dopo giorno le orrende idee che il mio vicino di casa potrebbe avere nei miei confronti?
Gli effetti emotivi sono stati: continuo rimuginare sui commenti razzisti, emozioni negative conseguenti ai miei pensieri – in particolare tristezza e sospetto verso gli altri – infine fatica mentale dovuta a questi continui cicli viziosi. Ciò ha avuto ripercussioni sulla mia media liceale. Col tempo ho imparato a ridurre seppur non eliminare tali sintomi avendo smesso con il leggere i commenti e passando direttamente ai sondaggi.
Da un anno e mezzo i miei sintomi sono diminuiti ma mai spariti, aumentano sporadicamente quando capito per caso su un commento razzista ma ritornano più deboli dopo pochi giorni, ieri è pero cambiato tutto. Dopo i fatti di Macerata ho deciso di dare un’occhiata alle sezioni commenti, come non facevo da tanto tempo, su Facebook, questo è più rappresentativo del forum online e molto più massivo. Mi aspettavo delle condanne ed invece ho letto i commenti più orrendi che io abbia mai visto ma non avevano decine di like, come solitamente avviene in una normale sezione commenti, ma migliaia e migliaia. La stragrande maggioranza giustificava l’atto, definiva l’attentatore eroe e patriota, confessava che questi ha fatto ciò che la stragrande maggioranza degli italiani pensa almeno qualche volta ma non fa, definiva i ne*ri non umani e godeva nel vedere ‘ne*ri crivellati da proiettili’ . Non sono fantasie,i commenti sono facilmente reperibili online. Non ho un sondaggio che possa verificare ciò ma credo che almeno tra il 30% e il 50% delle persone condivida le azioni di Luca Traini dato che non ho mai visto cosi tanti like in un solo posto. Mentre leggevo la mia mano tremava, il senso di vuoto era fortissimo e ho avuto mal di testa per tutto il giorno.
Ora sto meglio ma la tristezza è forte,
ho paura di uscire sapendo che la maggior parte della gente intorno a me vorrebbe vedermi morto e seppur non abbia paura di aggressioni (fenomeno fortunatamente raro) non posso non ignorare tali idee quando andrò in giro per strada in mezzo agli ‘Italiani veri’, come si definiscono loro. Devo anche viaggiare molto nei mezzi pubblici per raggiungere l’ateneo e non so come affrontare la cosa. Sento che questi sintomi sono tornati forti per rimanere a lungo e non posso permettermerlo in periodo d’esami. La mia prima reazione è stata informarmi sul come emigrare verso Canada, Australia o altri paesi multietnici ma so che è una soluzione irrazionale e totalmente inutile finchè non mi laureo. Come posso uscire da questa impasse?La replica è stata salvata con successo come messaggio pubblico visibile a tutti.
LA MIA REPLICA
A leggere Tullio (così mi va di chiamarlo) mi vengono alla mente tutti gli eroi del pallone di diverso colore che militano nelle squadre di calcio di serie A. E intanto mi domando le preferenze che questi “nuovi eroi” godono tra i giovani e gli adulti al netto dei cori razzisti che di razzismo hanno solo la furia del tifo.
Poi rifletto sui diseredati da qualsiasi parte essi vengano e che dormono per strada o in rifugi di fortuna.
Rifletto sul trattamento che ricevono dai residenti e comprendo allora che non è un fatto di pelle, è una questione di lotta contro “il nemico (che) ha la coda”.
E’ la guerra della parte iniziale del bellissimo film di Kubrik “2001 odissea nello spazio” intorno al monolito.
Vedo, allora quello che accade a Tullio come originarsi da due ambiti essenzialmente: uno antropologico-viscerale che viene evocato ogniqualvolta l’occidentale in crisi ha paura che gli vengano tolti gli spazi vitali; il secondo proveniente dalle singole individualità e parte integrante del patrimonio di risorse di ciascun essere umano.
Leggo che Tullio non scrive di rapporti umani, di amicizie, di relazioni, di un tessuto sociale che radica le persone al proprio quartiere e al proprio territorio. Tullio è vittima di paure come potrebbe esserlo un “perfetto italiano”.
Dal momento che Tullio non fa riferimento ad alcun nesso con le relazioni che ha costruito da quando è nato fino ad ora, mi domando se non soffre di qualche forma di fobia sociale o almeno di una forma qualsiasi di ritiro sociale.
Ebbene, un ultima considerazione che prende molto sul serio quello che ho scritto in epigrafe.
Koulibaly ha 26 anni ed è un tipo chiuso da quello che ci sembra, eppure è l’idolo di mio nipote – 5 anni – che qualsiasi uomo di colore nero con il quale ha a che fare chiama Koulibaly.
Koulibaly è l’eroe dei tifosi napoletani ed è apprezzato come il “difensore di ferro” allo stesso modo degli altri “eroi” della squadra del Napoli.
A Napoli, si sa, c’è pochissimo razzismo ma ciò non vuol dire che c’è meno bisogno. Forse però viene sentito dai napoletani (ma da tutti i meridionali) molto meno che al nord.
Il razzismo è un fenomeno sociale e individuale.
E’ una malattia che da l’impressione di essere forti, è un palliativo, una specie di droga con la quale i poveracci si illudono di stare meglio perché godono di minuti di supremazia.
Alla fine vorrei dire a Tullio di riprendersi, e imparare a comunicare meglio con i suoi amici, i suoi vicini, i suoi conterranei coi quali deve parlare e parlare e stabilire legami.
Sono questi che salveranno non solo lui ma l’intera umanità.
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