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Pipì a letto

Pipì a letto

 

Di enuresi soffre il 15-20% dei bambini di 5 anni: quali sono le cause, come possiamo aiutarli.

Quando si parla di enuresi. Tuttavia sono molti i bambini che non riescono, nonostante siano già grandi, a trattenere la pipì e che finiscono, soprattutto di notte, per bagnarsi. Nel caso di bambino con più di sei anni si parla di un disturbo definito enuresi. Se il bambino non ha mai smesso di bagnare il letto, si parla di enuresi primaria. Si definisce invece secondaria l’enuresi che riguarda i bambini che ricominciano a bagnare il letto anche dopo un prolungato periodo di controllo.

L’enuresi colpisce il 15-20% dei bambini di 5 anni, il 5% dei ragazzini di 10 anni e l’1% di quelli di 15 anni. L’enuresi è ugualmente presente tra i bambini e tra le bambine fino a cinque anni di età. Superata tale età, prevalgono progressivamente i maschietti, tanto che a circa undici anni sono il doppio delle femmine. Anche se il disturbo tende a scomparire crescendo, è importante curare i bambini: da un lato bisogna accertare che la causa non sia legata a qualche malformazione o patologia, dall’altro fare pipì a letto per un ragazzino in età scolare rappresenta un problema che tocca la sfera psicologica, la sua autostima, il rapporto con gli altri e la vita sociale.

Quali possono essere le cause
Alla base dell’enuresi ci può essere una componente emotiva, ma anche una causa organica.
Nella maggior parte dei casi alla base del problema vi è un ritardo di maturazione delle strutture e dei centri nervosi che regolano la funzione vescicale, ossia una più lenta acquisizione di certe funzioni rispetto alla media dei bambini. Diversi altri fattori contribuiscono alla comparsa di questo disturbo, come la familiarità, lo squilibrio fra la produzione notturna di urina e quella diurna, la scarsa capacità della vescica di resistere agli stimoli e la difficoltà a svegliarsi.
L’enuresi secondaria, quando cioè il bambino ricomincia a non trattenere la pipì, è più facilmente legata a situazioni ambientali sfavorevoli, quali stati di ansia, angoscia, di disorientamento, dovuti a situazioni nuove e magari non ben accettate dal bambino (ad es. la nascita del fratellino, un trasloco, la separazione dei genitori, la morte di una persona cara…), a particolari eventi che mettono a nudo il bisogno di sicurezza e di dipendenza del bambino. Casi tipici sono quelli in cui il bambino si senta trascurato e cerchi quindi di attrarre l’attenzione e la sollecitudine dei propri genitori in questa maniera.
Le infezioni delle vie urinarie, il diabete insipido e mellito e la spina bifida occulta sono invece le ragioni organiche che possono essere all’origine dell’enuresi, anche se in questi casi è più corretto parlare di incontinenza che di enuresi.
Come si può aiutare il bambino

Se il bambino vive occasionali e transitori problemi psicologici, l’enuresi termina nel momento stesso in cui viene risolto il problema che può essere all’origine dello stato di ansia e di preoccupazione. Nei casi in cui invece l’enuresi sia dovuta a stati di angoscia o insicurezza più vasti e importanti, chiaramente anche il fenomeno dell’enuresi sarà più lento a scomparire e necessiterà di maggiori attenzioni.
Se il bambino ha più di sette anni e il problema viene vissuto da lui e dai genitori con preoccupazione, il pediatra può proporre particolari interventi, fra cuil’educazione vescicale.
Consiste nell’educare il bambino ad interrompere il getto di urina una volta iniziato ed a resistere il più a lungo possibile agli stimoli, riempiendo progressivamente sempre più la vescica prima di svuotarla.In altri casi si ricorre all’impiego di speciali dispositivi di allarme notturno. Si tratta di sistemi costituiti da un rilevatore per il bagnato che viene posto nelle mutandine e che attiva una suoneria quando il bambino inizia ad urinare. Quando l’allarme suona, il bambino si sveglia e smette di fare la pipi. Questo è il metodo che assicura in assoluto la maggior percentuale di guarigione, ma richiede un lungo periodo di utilizzo prima di produrre i suoi effetti (5-8 settimane) e inoltre può non essere ben accetto dal bambino)
Quando questi approcci non ottengono risultati, il pediatra può decidere di ricorrere ai farmaci. Spesso il trattamento farmacologico e comportamentale vengono associati per ottenere risultati più rapidi e duraturi.

Cosa non si deve fare
Qualunque sia la causa dell’enuresi, è molto importante mantenere un atteggiamento corretto nei confronti del problema, evitando un’eccessiva apprensione e/o colpevolizzazione del bambino. Spesso accade che quando il bambino fa la pipì a letto, non tutti i genitori ne capiscono i motivi e finiscono per colpevolizzare ingiustamente i figli. Un’attenzione troppo pressante sul problema, i rimproveri, o peggio le punizioni, non sono risolutivi e possono anzi aggravare la situazione aumentando l’imbarazzo e i sensi di colpa del bambino. Conseguenze ancora peggiori si possono avere quando il bambino viene addirittura deriso dai genitori, perché potrebbe ridursi ulteriormente la stima che il bambino ha di se stesso.
Dal punto di vista psicologico è invece molto importante che i genitori si dimostrino comprensivi e gli forniscano le necessarie rassicurazioni affettive. Per non angustiarlo oltre misura i genitori devono cercare di fargli capire che anche molti loro coetanei presentano lo stesso problema, e devono cercare di sdrammatizzare con affetto la sua piccola “regressione”.
Non serve assolutamente a nulla svegliare il bambino durante la notte e portarlo di peso in bagno per farlo urinare, oppure imporgli l’uso del pannolone. Questo rimedio impedisce che si instauri la connessione tra sensazione di riempimento e risveglio. Nessun bambino guarisce dall’enuresi fino a quando non impara a svegliarsi spontaneamente, a localizzare il bagno e a fare pipì.