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  • Sab. Apr 20th, 2024

Doppio legame nella comunicazione

Paolo Mancino Psicologo Napoli

nido delPer comprendere meglio le dinamiche comunicative e relazionali che intervengono in certe situazioni consideriamo il seguente fatto.
“Una madre può vedersi come l’unico ponte tra il marito e i figli: se non fosse per lei non ci sarebbe alcun contatto tra lui e loro. Ma il marito, lungi dal condividere questo punto di vista, vede invece il comportamento della moglie come un ostacolo tra lui e i figli: se non fosse per gli interventi e i controlli costanti della moglie, egli potrebbe avere un rapporto assai più intimo e cordiale coi figli.
Quello descritto non è semplicemente un modo di comportarsi invece di un altro. I due genitori vedono diversamente il loro presunto ordine e ciò dà a tali eventi significati diametralmente opposti.” (da P. Watzlawick, La realtà della realtà).
Come potete comprendere si tratta di due modi di concettualizzare la realtà la quale deve necessariamente essere ordinata secondo un senso. Nel gergo della “pragmatica della comunicazione umana” si tratta di “punteggiare” la comunicazione.
Vediamo un altro caso tratto da “La realtà della realtà” , di Paul Watzlawick.
Un marito nutre l’impressione – non ha importanza per i nostri scopi se a ragione o a torto – che a sua moglie non piaccia farsi vedere in pubblico con lui. Un certo incidente gli fornisce una prova ulteriore di questa impressione: erano un po in ritardo per uno spettacolo, e mentre camminavano in fretta dalla macchina al teatro, la moglie, secondo il marito, continuava a rimanere un po indietro.
“Nonostante rallentassi il passo”, lui spiega al terapeuta, “lei rimaneva sempre alcuni passi indietro”. “Ma non è vero” risponde la moglie con indignazione, “nonostante affrettassi il passo, lui rimaneva sempre alcuni passi avanti”.
I due partner avevano visioni contrastanti del loro rapporto e “punteggiavano” la realtà in modo conflittuale. E’ molto probabile che ciascuno rimarrà inconsapevole delle reciproche visioni contrastanti e presumerà ingenuamente che, dal momento che esiste solo una realtà e una visione giusta di essa (la propria), l’altro deve essere folle o cattivo per vedere le cose diversamente.
I due coniugi potrebbero essere paragonati a due persone che cercano di essere logiche mentre parlano due lingue diverse, o a due giocatori che cercano di partecipare a un gioco, ciascuno con un suo insieme distinto di regole, e che si sentono sempre più frustrati reciprocamente e nei confronti del gioco.
Consideriamo questo brano tratto da Mary Poppins:
Mary Poppins, una bambina inglese, ha portato i due piccoli a lei affidati, Jane e Michael, alla pasticceria della signora Corry, una donna anziana, minuta, dall’aspetto di fattucchiera, che ha due figlie grandi e tristi, Fannie e Annie. Ecco la conversazione che ha luogo:

“Suppongo cara”, si rivolge a Mery Poppins, che sembrava conoscere molto bene, “suppongo che siate venuti per un po di pan di zenzero ?”.
“Proprio così signora Corry”, disse Mery Poppins cortesemente.
“Bene, e Fannie e Annie ve l’hanno dato?”. Guardò Jane e Michael mentre poneva questa domanda.
“No, mamma”, disse Miss Fannie, mitemente.
“Stavamo proprio per farlo, mamma…”, cominciò a dire Miss Annie in un sussurro spaventato.
A sentir ciò, la signora Corry si raddrizzò in tutta la sua altezza e osservò con furore le sue gigantesche figlie. Poi, con voce bassa, feroce, terrificante, disse: “Stavate proprio per farlo? Oh, davvero! Molto interessante. E chi, posso chiedere, Annie, ti ha dato il permesso di dar via il mio pan di zenzero…?”.
Nessuno, mamma. E non l’ho dato via. Solo pensavo…”.
“Solo pensavi! Molto gentile da parte tua. Ma ti ringrazierò se non penserai. Io sono perfettamente in grado di pensare tutto quello che è necessario qui!”, disse la signora Corry con la sua voce bassa, terribile. Poi irruppe in una risata stridula.
“Guardatela! Ma guardatela! Fifona! Piagnucolona!”, strillò. Indicando col dito nodoso la figlia.
Jane e Michael si volsero e videro una grande lacrima che scorreva sul viso enorme e triste di Miss Annie, ma non vollero dir nulla, poichè, nonostante la sua piccolezza, la signora Corry li faceva sentire piuttosto piccoli e spaventati…
In trenta secondi la signora Corry è riuscita a bloccare la povera Annie in tutte e tre le aree del funzionamento umano: agire, pensare e sentire.
Quello che avete appena letto si chiama doppio legame nella comunicazione. I doppi legami hanno in comune di essere tutti strutturati come i paradossi (antinomie) della logica formale. Benchè non siamo esperti della logica formale, quello che ci invita ad approfondirne quì è la loro importanza pratica nella comunicazione soprattutto per gli effetti schizogeni che provocano.
Per rendersene conto bisogna fare riferimento agli esperimenti fatti negli anni 50 e 60 al Centro MRI di Palo Alto in California.
S. Gurman e D. Kniskern, che hanno riportato molti risultati di questi studi, riferiscono che “La teoria del doppio legame è considerato il contributo più importante del gruppo di Palo Alto all’applicazione della teoria della comunicazione alla famiglia e alla schizofrenia.

Comunicazione e Doppio legame
Esempi di comunicazione disfunzionale, con risvolti parossistici, sono rappresentati dalla modalità comunicativa del doppio legame descritto da Bateson fin dagli anni 50 negli studi sulla schizofrenia.
L’esempio più citato di doppio legame ci viene dall’osservazione dell’interazione tra un figlio schizofrenico e la madre durante la visita di quest’ultima in un ospedale psichiatrico.

“Contento di vederla le mise d’impulso il braccio intorno alle spalle, alchè ella si irrigidì: Egli ritrasse il braccio, e la madre gli domandò: “ Non mi vuoi più bene? “ Il ragazzo arrossì e la madre gli disse ancora “Caro, non devi provare così facilmente imbarazzo e paura dei tuoi sentimenti.”. Il paziente non potè restare con la madre che per pochi minuti ancora e dopo la sua partenza aggredì un inserviente e fu messo nel Bagno freddo”. (Bateson, Gefferson e al. 1956).

Nella interpretazione degli autori, Il ragazzo, usando un canale comunicativo diverso ad un diverso livello logico evitava non uno ma due legami. Il primo riguardava l’incapacità del figlio di commentare il duplice messaggio materno. Il secondo legame, “meta” rispetto al precedente lo condiziona e lo spiega: il figlio era in qualche modo tanto dipendente dalla madre da non essere in grado di distanziarsi da lei, nè verbalmente nè fisicamente. In qualche modo la madre lo “legava” e lui era la sua “vittima”.
Paul Watzlawick distingue tre livelli del tema paradossale*.
In un primo livello, se un individuo viene punito da un altro significativo, per la percezione corretta del mondo esterno o di sè stesso (ad esempio, un bambino da un genitore), imparerà a diffidare dei dati dei propri sensi.
Di conseguenza troverà difficile comportarsi appropriatamente sia nei contesti interpersonali che in quelli impersonali. Tenterà, inoltre di impegnarsi in una ricerca inutile di significati che gli altri vedono ma che lui non riesce a vedere.
In un secondo livello un genitore può aspettarsi che un figlio abbia sentimenti diversi da quelli che realmente prova, quest’ultimo si sentirà in colpa per essere incapace di sentire ciò che dovrebbe per ottenere la sua approvazione. Un dilemma di questo genere sorge allorquando se il bambino si sente occasionalmente triste, questa tristezza viene percepita dal genitore come un suo fallimento. Il genitore reagisce allora tipicamente con il messaggio: “Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te dovresti essere felice”. La tristezza viene allora associata con la cattiveria e l’ingratitudine.
Nel terzo livello si ricevono degli ordini che contemporaneamente esigono e proibiscono talune azioni, insorge una situazione paradossale in cui il bambino può ubbidire soltanto disobbedendo. Tipico è il caso in cui un genitore vorrebbe che il figlio fosse rispettoso della legge a parole ma nella comunicazione non verbale trasmette invece il messaggio opposto, cioè, di farsi valere anche con le maniere forti e trasgredire la legge. Tra il dire e il fare…..
E’ questa la distanza tra l’esprimere a parole una regola e trasmettere, invece, attraverso la compiacenza di un sorriso, l’ammiccamento e l’intero linguaggio del corpo come abbracciare, sorridere e, più in generale accogliere, un desiderio opposto.
Nelle famiglie è di questo tipo il messaggio che prevale anche se formalmente un genitore si esprime a parole con affermazioni anche categoriche. Il bambino comprende immediatamente il messaggio che risulta vero, cioè quello intenzionale espresso con il linguaggio del corpo.
Nel rapporto con un animale domestico, un cane o un gatto, ma anche con un cavallo o una scimmia, se la parola contraddice l’azione, l’animale comprende solo il messaggio contenuto nell’azione. Come, ad esempio, risulterà familiare a chi possiede un cane. Prendere il guinzaglio come di solito si fa per far uscire il proprio cane è un messaggio chiarissimo per l’animale. Pronunciare contemporaneamente la frase: “non ti muovere” non costituisce un comando ulteriore per l’animale. Forse l’espressione e il gesto che accompagnano l’espressione verbale gli potranno procurare qualche incertezza.
Tornando alla comunicazione umana, supponiamo che una moglie bisognosa di un segno di affetto da parte del marito gli dica: “vorrei tanto che tu qualche volta mi portassi dei fiori”. La richiesta metterà la coppia in un vicolo cieco per la ulteriore comunicazione a proposito. Infatti, se il marito ignorerà la richiesta la moglie si sentirà insoddisfatta; ma se le porterà adesso dei fiori lei si sentirà ugualmente insoddisfatta, dal momento che lui non l’avrà fatto di propria iniziativa.
Le situazioni di empasse simili verranno a costituirsi ogni qualvolta un genitore accusa il figlio o la figlia di essere troppo passivo o ubbidiente. L’eventuale reazione da parte del figlio di disubbidire si configura in questo caso come un ulteriore atto di ubbidienza in quanto il ragazzo avrà ubbidito al padre o alla madre. Il ragazzo può ubbidire soltanto disubbidendo. Questo paradosso viene indicato con la prescrizione : “Sii spontaneo”. In questo caso il giovane non potrà essere spontaneo proprio in quanto gli viene richiesto.
Il modello “sii spontaneo” è universale in quanto può pervadere tutti gli aspetti dell’interazione umana. Spontaneità, fiducia, coerenza, dimostrabilità, giustizia, buon senso, potere e molti altri concetti simili , possono condurre al paradosso e al doppio legame nella comunicazione.

Di Paolo Mancino Psicologo Napoli

Paolo Mancino è psicologo specializzato in terapia strategica. Svolge la professione al suo studio di Napoli, in via Scarlatti.